mercoledì 30 maggio 2012

Mauri fa il difensore e ha fretta di parlare.

Rassegna stampa Gazzetta dello Sport

Stefano Mauri sarà interrogato dal gip Guido Salvini oggi alle 16. Il vice-capitano della Lazio ha fretta di incontrare i magistrati «per rispondere a tutte le domande. La nostra  strategia difensiva? La comunicheremo dopo che sarà stato ascoltato dal gip». Attorno a questa frase della difesa del calciatore è nato un giallo. Per alcune ore si era diffusa la voce che il centrocampista fosse pronto a fare alcune ammissioni e che questa sua disponibilità fosse stata anticipata proprio a Salvini per ottenere un anticipo dell’interrogatorio. In realtà, sembra che non ci sia stato alcun tipo di accordo. Mauri, da quando si trova in carcere, ha letto ogni parte dell’ordinanza di custodia cautelare che lo riguarda.
«Sta tirando fuori molte più cose di quante ne avessimo tirate fuori noi — ha precisato uno dei legali, Matteo Melandri —. È determinato, ha trovato molte lacune nell’ordinanza. È riuscito a scovare dettagli sui tabulati telefonici difficili da ricostruire».
Si è costituito Se sia disposto anche a fare qualche ammissione, lo vedremo. Di sicuro, sarà più difficile sostenere il confronto con Salvini rispetto all’audizione all’acqua di rose in Procura federale. Mauri era già pronto a parlare lunedì all’alba, dopo il lungo viaggio che da Roma lo ha portato a Cremona con i suoi avvocati. Sì, perché non ha atteso che gli agenti lo svegliassero nel
cuore della notte per arrestarlo.
Dopo aver visto in tv i tg che annunciavano imminenti arresti, gli avvocati ci hanno messo poco a fare due più due. Anche perché del suo possibile arresto si parlava da settimane. I legali hanno telefonato a Mauri, che si trovava a Milano Marittima, e gli hanno consigliato
di tornare a Roma. A quel punto, hanno deciso di mettersi in auto per raggiungere Cremona. «Siamo partiti alle 23 - ha confermato Melandri - e siamo arrivati all’alba in questura». Mauri ha chiesto
di poter essere ascoltato subito, ma gli è stato fatto presente che non era possibile e che doveva per forza andare in carcere. È stato messo in cella insieme con due immigrati di colore «che lo trattano come un re» e gli fanno anche da mangiare.

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