mercoledì 1 agosto 2012

Omicidio Sandri - Spaccarotella consapevole dei rischi

L'agente di polizia Luigi Spaccarotella voleva fermare ad ogni costo l'auto nella quale si trovava Gabriele Sandri e gli altri tifosi, in quell'area di servizio lungo l'autostrada A1. E voleva colpire la vettura, non gli occupanti. Ma sparando, accettò il rischio di colpire anche i passeggeri, così come avvenne nel tragico episodio dell'11 novembre 2007. Lo dice la prima sezione penale della Corte di Cassazione, nelle motivazioni della condanna inflitta a febbraio scorso a Spaccarotella, proprio per l'omicidio del tifoso della Lazio.

COLPIRE L'AUTO - L'agente di polizia Luigi Spaccarotella era dunque «intenzionato a colpire l'autovettura e non i suoi occupanti», ed ha «agito in condizioni oggettive tali da rappresentargli concretamente anche il rischio, da lui accettato, di attentare all'incolumità fisica altrui, come purtroppo verificatosi», scrivono i giudici della prima sezione penale della Cassazione, spiegando perchè, il 14 febbraio scorso, confermarono la condanna a 9 anni e 4 mesi di reclusione inflitta dalla Corte d'assise d'appello di Firenze al poliziotto, responsabile del reato di omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di Sandri, il tifoso laziale diretto in trasferta a Milano per assistere a Inter-Lazio, l'11 novembre del 2007, all'interno dell'area di servizio di Badia al Pino (Arezzo) sull'autostrada A1.
LA CONFERMA DELL'APPELLO - Nelle 22 pagine della sentenza 31449, scritta dal consigliere Antonella Mazzei, la Suprema Corte difende il verdetto di secondo grado, della Corte di Assise di Appello di Firenze del primo dicembre 2010, che aveva aumentato gli anni di carcere per Spaccarotella inizialmente giudicato responsabile di omicidio colposo aggravato dalla previsione dell'evento e punito con solo sei anni di carcere, con pronuncia emessa - tra le proteste - dalla Corte di Assise di Arezzo il 14 luglio del 2009. In base alle massime di esperienza, scrive la Cassazione, «l'esplosione di un colpo di pistola a quella distanza dall'obiettivo, pur costituito dalla parte inferiore del veicolo in movimento, non poteva oggettivamente garantire anche al più esperto tiratore la precisione del bersaglio in relazione al tipo di arma corta (pistola) utilizzata e alle altre peculiarità del caso (presenza della rete metallica e movimento del veicolo)».
LE ALTRE AUTO IN TRANSITO - «Con la ragionevole conclusione - prosegue l'Alta Corte - che l'autore dello sparo si rappresentò la possibilità di cagionare un evento dannoso (si pensi solo all'ipotesi in cui fossero improvvisamente transitati, in quel frangente, sulle corsie autostradali, altri veicoli che avrebbero potuto essere attinti dal proiettile in corsa)». «E ciononostante - concludono i supremi giudici - Spaccarotella effettuò lo sparo e, perciò, ne accettò tutte le possibili conseguenze». La circostanza che l'imputato - ora in carcere - si rendesse conto dei rischi di quanto stava per fare, è, per la Cassazione, «rafforzata dalla sua specifica competenza in materia di armi e dal servizio di garanzia dell'ordine pubblico da lui prestato, come assistente della polizia stradale, in quello specifico frangente e contesto territoriale».
NESSUNO STATO DI «STRESS» - Nessuna «condizione di elevato stress», dunque, come prospettato dalla difesa nel tentativo di parlare di «involontarietà» dello sparo: la Suprema Corte ricorda anche che con dichiarazioni spontanee rilasciate nel maggio 2009, Spaccarotella raccontò che, dopo aver sentito lo sparo dalla sua pistola e aver visto che l'auto in cui viaggiava Sandri era in movimento, pensò tra sè «è andata bene, non è successo niente», provando, conclude la Cassazione, «un senso di sollievo derivante, con ogni evidenza, dalla consapevolezza della incontrollabile pericolosità del suo gesto».

Fonte: corriere.it

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