Rassegna Stampa IL TEMPO.
Premessa d'obbligo: Reja merita massimo rispetto da parte dei tifosi della Lazio per una salvezza miracolosa e due campionati di vertice seppure senza la ciliegina sulla torta, ovvero la Champions League a lungo inseguita e poi sfiorata.
Appare ingiustificata e incomprensibile la corte serrata che il
presidente Lotito sta facendo al suo allenatore dopo quanto accaduto
nell'ultimo anno. I timori del numero uno biancoceleste di fare un salto
nel vuoto, di andare a peggiorare la situazione nasce dalla scarsa
convinzione che le alternative possibili siano effettivamente meglio
dell'attuale allenatore. Però ci almeno cinque motivi per certificare il
divorzio sancito dalla scadenza naturale del contratto.
Primo: Reja si
è dimesso ufficialmente due volte, voleva andarsene, non voleva più
lavorare nella Lazio anche se poi è stato trattenuto da Lotito. Perché
non dovrebbe ripetersi la stessa situazione in futuro magari in un
momento decisivo della stagione?
Secondo: il tecnico ha pubblicamente
messo in cattiva luce l'operato della società in più occasioni durante
il periodo del mercato. D'accordo sui legittimi dubbi ma nel calcio non
faceva giurisprudenza il vecchio adagio «i panni sporchi si lavano in
famiglia?».
Terzo: anche quest'anno la squadra è calata nel finale e
sotto processo è finita la preparazione atletica del suo staff.
Quarto:
i giudizi affrettati su Stankevicius (davanti alla squadra), Cana e
Lulic o la voglia di cedere Cisse a gennaio contro il parere della
società testimoniano che non c'è un grande feeling col diesse Tare. E i
problemi potrebbero riemergere nella nuova stagione creando nuove
tensioni.
Quinto: perché c'è bisogno di un tecnico meno pragmatico e
più coraggiosa che cerchi di soddisfare un po' di più il gusto estetico
dei tifosi. (Luigi Salomone)
Fonte: IL TEMPO
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